Revista Temas de Derecho Constitucional

109 Lo straniero come “ospite”: riflessioni a partire dal caso italiano siderata una ulteriore prospettiva, nella quale alla “cittadinanza legale” è contrapposta la “cittadinanza sociale” o “attiva”, “costruita più che sul legame etnico della nascita, sull’apporto dato allo sviluppo dei valori civili della comunità dove il soggetto viene a svolgere la propria vita e a esercitare il proprio lavoro” (Cheli, 2010, 6). Un concetto di cittadinanza che qualcuno ha definito “costituzionale” (Ronchetti, 2014: 31 ss.; Lollo, 2017: 142) e che non assume come riferimento i modi di acquisto classici della citta- dinanza che fanno capo allo jus soli e jus sanguinis , bensì si fonda “sulla residenza e sull’inserimento della persona nella comunità nazionale di uno Stato di cui non è citta- dino” (Nascimbene, 2011: 1307). Alcuni hanno letto in tale dimensione il portato della concezione habermasiana di una “cittadinanza repubblicana” (E. Grosso, 2010: 275 ss.). Si tratta in sostanza di un’idea di cittadinanza strettamente connessa con la residenza liberamente scelta dalla persona, cui conseguirebbe il diritto alla piena uguaglianza di trattamento, a prescindere dalla propria nazionalità (Carrozza, 2013: 46; Jimena Quesa- da, 2016: 3). L’insieme di tali “cittadini di fatto” verrebbe a costituire quella “comunità di diritti e doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza in senso stretto”, cui ha fatto riferimento anche la Corte costituzionale italiana nella sentenza n. 172/1999, con il ritenere appartenenti a tale comunità di diritti e doveri an- che gli apolidi (Scrufari , 2016: 433). Come può comprendersi, dunque, l’assimilazione che si è data quasi per scontata (ospi- tati = stranieri, cioè non cittadini) appare al contrario assai problematica e discutibile: la linea di confine tra ospiti e ospitati non coincide integralmente con quella tra cittadini e stranieri, in quanto possono esservi stranieri che non sono ospiti (in quanto già integra- ti nella comunità nazionale), e che anzi possono svolgere una funzione di ospitalità nei confronti dei nuovi arrivati. Come già si è accennato, il compito di ospitare spetta infatti a tutti coloro che appartengono alla “comunità di diritti e doveri”: ad essi non soltanto de- vono essere riconosciuti i diritti fondamentali garantiti dalle Costituzioni nazionali e dalle convenzioni internazionali, ma spetta anche l’adempimento dei doveri di solidarietà che riguardano tutti. Detto in altri termini: anche gli stranieri che sono inseriti nel contesto sociale del Paese di accoglienza (in quanto magari residenti di lungo periodo) devono condividere risorse, spazi, opportunità con i nuovi arrivati (Polacchini, 2016: 164). Vedremo come la legislazione e la giurisprudenza hanno recepito questa evoluzione, anche in relazione allo stesso contenuto dell’ospitalità. 3. NON TUTTI GLI OSPITI SONO UGUALI: LE DIFFERENZE DELLA CONDIZIONE GIURIDICA DEGLI STRANIERI Se dunque sul versante degli ospitanti è problematico segnare una netta differenzia- zione rispetto agli ospiti, non di minore complessità è definire il concetto di “ospite”. Al riguardo, non può essere sottaciuto un equivoco ricorrente, ovvero che tutti gli ospiti siano uguali. Non è così: né di fatto né soprattutto, per quel che ci riguarda in questa sede, di diritto. Anche ammettendo, in termini generali, che gli ospiti siano i “non citta- dini” che vengono in relazione con l’ordinamento del Paese di accoglienza e che chiedo- no di essere ospitati sul relativo territorio, la loro considerazione in termini unitari non è possibile né corrisponde allo stato (giuridico) della realtà.

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