Revista Temas de Derecho Constitucional

110 Revista Temas de Derecho Constitucional Sempre confrontandoci in prima battuta con il contesto ordinamentale italiano - pe- raltro sotto questo aspetto comune a quello degli altri Paesi appartenenti all’Unione europea - si pensi ad esempio ai cittadini degli Stati membri di detta Unione, ai quali è riconosciuta la “cittadinanza europea” ai sensi degli art. 20 e ss. del Trattato sul funzio- namento dell’Unione europea. Tali “stranieri” godono - in Italia, come negli altri Paesi dell’UE - di una serie di diritti, quali in primo luogo la libertà di circolazione e soggiorno, nonché la tutela delle autorità diplomatiche e, soprattutto, l’elettorato attivo e passivo, se residenti in Italia, per le elezioni comunali e del Parlamento europeo, alle stesse con- dizioni dei cittadini italiani. Anche in questo caso, si tratta di “ospiti” assai particolari e potremmo dire “privilegiati”: tanto che la legge italiana (nel silenzio di una previsione esplicita da parte della Costituzione) non li considera neppure come “stranieri”. Per quanto riguarda poi gli stranieri provenienti da Paesi terzi all’Unione europea, oc- corre operare una distinzione tra coloro che godono di una condizione specifica di pro- tezione rispetto agli altri. Il rifugiato e la persona titolare di protezione sussidiaria go- dono di uno status specifico al quale deve essere riconosciuto un regime di particolare favore: essi sono titolari di un permesso per motivi di protezione internazionale che, data la natura forzata della loro migrazione, li legittima ad un trattamento di maggiore favore. Deve richiamarsi a tale proposito la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statu- to dei rifugiati, nonché alcune direttive dell’Unione europea, tra le quali in particolare la n. 2011/95/UE, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, con conseguente attribuzione di uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della pro- tezione sussidiaria. A tal proposito si ricorda che nell’ambito di tale ultima normativa, il « rifugiato » è de- finito come colui che, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione po- litica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese (se si tratta di apolide deve trovarsi fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale e per lo stesso timore sopra indicato non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno). La « persona ammissibile alla protezione sussidiaria » è invece quella che non possiede i requisiti per essere riconosciuta come rifugiata, ma nei cui confronti sussi- stono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine (o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale), correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese. In ragione di ciò, il legislatore ha disciplinato la condizione di tali soggetti riconoscendo loro un complesso di diritti più ampio rispetto a quello di qualsiasi altro straniero: è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino in materia di assistenza sanitaria e sociale, di accesso all’i- struzione (per i minori), in materia di lavoro subordinato, di lavoro autonomo ed altre situazioni; mentre è parificato allo straniero regolarmente soggiornante relativamente ad altri diritti. Possiamo osservare, relativamente a tali scelte, come quest’ultima categoria di “ospiti” venga ritenuta meritevole di particolare attenzione e tutela: se ciò può comprendersi (e condividersi) in forza della situazione di difficoltà in cui coloro che vi appartengono

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