Revista Temas de Derecho Constitucional

111 Lo straniero come “ospite”: riflessioni a partire dal caso italiano si trovano a vivere nel proprio Paese, dall’altro induce a considerare la differenza con altre categorie di stranieri. Coloro che migrano perché nel proprio Paese non riescono a trovare un lavoro, e quindi a sostenere economicamente sé e la propria famiglia, sono evidentemente considerati in modo diverso rispetto a quanti, ad esempio, in patria non godono della libertà di espressione o della libertà di associazione politica. Per l’Italia i secondi sono “ospiti privilegiati”, persone che devono essere necessariamente ospitate e, in forza del principio di non-refoulement , non possono essere respinte o rinviate nel Paese di origine (Savino, 2017: 19). I primi, al contrario, possono anche non essere con- siderati ospiti, o possono diventare tali soltanto in numero e a condizioni prestabilite (sulla base, ad esempio, di “quote” predefinite di ingresso sul territorio). Si tratta di una situazione che è giuridicamente fondata nell’art. 10, comma 3, della Costituzionale ita- liana, per il quale “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” (Costa, 2018). Tale principio trova eco anche in altre Costituzioni nazionali (si vedano ad esempio l’art. 16 della Costituzione tedesca e l’art. 13 della Costituzione spagnola). Infine, vi sono gli stranieri che non rientrano in alcuna delle categorie appena indicate, e che tuttavia - in base alla legislazione ordinaria, ma anche alla normativa dell’Unione europea – sono ulteriormente distinti, come noto, tra “regolari” e “irregolari”: i primi, ulteriormente distinti tra soggiornanti di lungo periodo ed altri; i secondi, tra coloro che hanno fatto ingresso irregolarmente sul territorio e vi sono rimasti senza mai regolarizzare la propria condizione e coloro per i quali la condizione di regolarità è venutameno in un secondomomento (es. perché non sono riusciti a rinnovare il proprio permesso di soggiorno in mancanza di un contratto di lavoro). Le due sotto-categorie di stranieri regolari sono distinte in ragione della durata della residenza, e quindi del carattere non episodico e di non breve durata del permesso di soggiorno: da cui consegue il differente trattamento riservato, ad esempio, in relazione alla tipologia del permesso di soggiorno posseduto. Così il titolare di un permesso CE per soggiornanti di lungo periodo gode di una serie di diritti e prestazioni differenti rispetto a quello del titolare di un semplice permesso di soggiorno. Il primo risiede infatti sul territorio nazionale da almeno 5 anni e vanta quindi un legame più stretto con la comunità ivi residente, tale da legittimare una più ampia partecipazione alla vita di tale comunità, anche in materia di accesso al sistema di welfare. Analoghe considerazioni possono muoversi in relazione al titolare di un permesso di soggiorno di durata biennale, poiché tra le condizioni di rilascio è previsto, tra l’altro, il possesso di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e per esso può quindi presumersi, ragionevolmente, una permanenza sul territorio nazionale di lungo periodo. Diversamente, la condizione giuridica dello straniero titolare di un semplice permesso annuale varia ulteriormente a seconda dello specifico status posseduto. Così, ad esempio, in forza di convenzioni internazionali operanti anche nel nostro Paese, il lavoratore immigrato, pur titolare di un permesso di durata annuale, gode di un catalogo di diritti sociali più ampio rispetto a quello degli altri stranieri non lavoratori titolari di un permesso di analoga durata.

RkJQdWJsaXNoZXIy NzAxMjQz