Revista Temas de Derecho Constitucional

114 Revista Temas de Derecho Constitucional non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini”. In tale decisione la Corte costituzionale chiarisce inoltre che rientrano nelle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (e perciò vincolanti per l’Italia in forza dell’art. 10, comma 1, Cost. a prescindere da un procedimento di ratifica) le previsioni che “nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato”. Tale posizione sembra trovare un precedente nel parere 18/03 della Corte interamericana dei diritti dell’Uomo, ove si afferma che il principio di uguaglianza dinanzi alla legge e di non discriminazione attiene allo jus cogens , posto che su di esso si fonda tutto l’ordinamento giuridico e l’ordine pubblico nazionale e internazionale. Ne consegue che non può ritenersi legittimo un atto giuridico o un trattamento che entrino in conflitto con tale principio fondamentale per motivi di genere, razza, colore, lingua, religione o convinzioni, opinioni politiche, origine nazionale, etnica o sociale, cittadinanza, età, situazione economica, patrimonio, stato civile, nascita o qualsiasi altra condizione. In riferimento al superamento della condizione di cittadinanza quale presupposto per il riconoscimentodi diritti eprestazioni, viene in rilievoanche lagiurisprudenzadellaCorte europea dei diritti dell’uomo, resa in applicazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 14 Cedu in connessione con i diritti e le libertà garantiti dalla Convenzione e dai suoi protocolli. A tal proposito si può richiamare la sentenza Gaygusuz c. Austria , 16 settembre 1996, nella quale la Corte ha affermato che deve essere garantita, senza alcuna discriminazione basata sulla cittadinanza, una prestazione sociale connessa allo stato di disoccupazione . Principio poi confermato nella successiva sentenza Koua Poirrez c. Francia , 30 settembre 2003, nella quale la Corte europea ha riconosciuto il diritto all’assegno di assistenza a un cittadino straniero in condizione di disabilità, dichiarando conseguentemente discriminatoria la disciplina francese che riconosceva tale prestazione unicamente ai titolari di cittadinanza o ai cittadini di paesi con i quali la Francia aveva concluso accordi di reciprocità in materia di sicurezza sociale. E in senso analogo si vedapiùdi recente anche la sentenza Dhahbi c. Italia , 8aprile 2014, nellaquale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato non conforme alla Convenzione la disciplina italiana in tema di assegni per le famiglie numerose inizialmente riservata ai soli cittadini italiani. Con riferimento ai motivi posti alla base di un differente trattamento, la Corte europea dei diritti dell’uomo riconosce agli Stati un certo margine di apprezzamento, anche se soltanto ragioni di particolare importanza possono giustificare un trattamento differenziato, basato esclusivamente sulla nazionalità . Non sono state pertanto accolte le argomentazioni fondate sulla necessità di equilibrare le spese di welfare con le risorse disponibili, restringendo conseguentemente la platea dei destinatari in ragione della cittadinanza; né l’assenza di accordi di reciprocità in materia di sicurezza sociale è stata ritenuta idonea a fondare un trattamento deteriore dello straniero rispetto ai propri cittadini, dal momento che la Corte ha più volte precisato che, ratificando la Cedu, lo Stato aderente si obbliga ad assicurare a ciascuna persona all’interno della propria giurisdizione i diritti e le libertà definite nella stessa Convenzione.

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