Revista Temas de Derecho Constitucional

118 Revista Temas de Derecho Constitucional soggiorno. L’accordo comporta per lo straniero l’impegno a conseguire specifici obiettivi di integrazione nel periodo di validità del permesso di soggiorno, e prevede l’acquisizione o la perdita di determinati punti, in ragione di certe condotte. Alla perdita integrale dei crediti consegue la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato (Biondi Dal Monte, Vrenna, 2013: 253; Corsi, 2017, 45). Viene dunque ad essere introdotto un percorso obbligatorio di integrazione per via legislativa, nell’ambito del quale alcuni elementi, come la conoscenza della lingua italiana (Biondi Dal Monte, Casamassima, Rossi, 2017) ovvero la frequenza di corsi di formazione, non costituiscono soltanto prestazioni concernenti il diritto all’istruzione e alla formazione dello straniero, ma – insieme – specifici obiettivi di integrazione da raggiungere per evitare l’espulsione. Si è dunque evidenziato come tutto ciò sembri tramutare diritti sociali (o almeno finalità pubbliche che richiedono attuazione legislativa) in un obbligo sanzionato a caricodello straniero, trascurando le difficoltà che il processo di integrazione presenta per gli stessi stranieri (Pezzini , 2010: 172). Il modello di accordo di integrazione predisposto per la sottoscrizione del patto tra straniero e Stato, oltre a prevedere, all’articolo 1, gli impegni dello straniero, richiede l’adesione alla sopra citata Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, impegnandosi a rispettarne i principi. Si tratta dunque di un deciso “salto di qualità” sul tema delle condizioni dell’ospitalità: se infatti la redazione della Carta dei valori può intendersi quale volontà di offrire un quadro riepilogativo e sintetico dei principi dell’ordinamento giuridico, e la cui adesione è sostanzialmente rimessa alla buona volontà degli stranieri, con la novella legislativa del 2009 si è passati invece ad un’imposizione giuridica vera e propria, dotata di una forza normativa e corredata da sanzioni nel caso di mancata sottoscrizione. Su un diverso piano, ma collegato al tema dei possibili percorsi di integrazione dell’“ospite” nella comunità ospitante, possono considerarsi alcuni “progetti” di educazione alla cittadinanza, finalizzati al consolidamento del rapporto tra ospitante e ospitato. Tra questi possiamo richiamare il servizio civile nazionale (ora rinominato “universale” dal decreto legislativo 6 marzo 2017 n. 40), in relazione al quale la Corte costituzionale, con la sentenza 119/2015 (resa sulla disciplina legislativa precedente), ha affermato che l’ammissione ad esso “consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarietà”, permettendo a chi lo svolge “di rendersi utile alla propria comunità”. Un impegno volontario, dunque, cui corrisponde un diritto di ogni appartenente alla comunità in quanto “opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza”: così che “l’esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attività alle quali tali doveri si riconnettono appare di per sé irragionevole”. Pertanto, “l’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza” (Penasa , 2015). Coerentemente con tale pronuncia, la legge n. 107/2016 ha aperto la partecipazione volontaria al servizio civile, oltre che ai cittadini italiani e dei Paesi dell’Unione europea, agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se tale allargamento è da valutare

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