Revista Temas de Derecho Constitucional
121 Lo straniero come “ospite”: riflessioni a partire dal caso italiano le responsabilità di quell’appartenenza. Al termine di siffatto processo, se lo vorrà, potrà affrancarsi dalla condizione di “ospite” ed essere inserito pleno jure in quella comunità che lo ha dapprima ospitato e poi integrato: l’acquisto della cittadinanza viene così ad assumere il significato di compimento pieno dell’ospitalità e, insieme, del suo venir meno. 7. CONCLUSIONE: L’OSPITALITÀ E I SUOI LIMITI L’analisi di alcuni aspetti dell’applicabilità del tema dell’ospitalità al fenomeno migratorio sollecita dunque una rinnovata riflessione sulla dicotomia tra status civitatis e status personae nel riconoscimento di diritti umani fondamentali. In conclusione, possiamo trarre due considerazioni. La prima: che quando si ha riguardo ai diritti umani fondamentali (e in particolare ai diritti sociali), la distinzione tra cittadini e non cittadini (basata sul possesso dello status civitatis ) rischia facilmente di trasformarsi in una discriminazione irragionevole. Il che induce a considerare in modo specifico lo “statuto” dei diritti sociali rispetto ad altre categorie di diritti (in particolare, di quelli politici) per giungere alla considerazione che – in forza di quanto sopra affermato con riguardo alla titolarità dei diritti inviolabili a tutte le persone – la linea di confine tra ciò che deve essere garantito a tutti e ciò che può essere limitato a vantaggio dei soli cittadini deve essere individuata non sulla base del criterio di quali diritti dei cittadini possano estendersi ai non cittadini, quanto - all’inverso - di quali diritti che in linea generale devono essere garantiti ad ogni persona possano essere limitati ai soli cittadini, in forza del vincolo (e del valore) della cittadinanza (Pugiotto, 2010: 337). La seconda considerazione induce a riflettere sulla diversa prospettiva con cui guardare alla cittadinanza (formale o “legale”): non più (soltanto) quale presupposto di riconoscimento dei diritti, quanto piuttosto (e insieme) quale tappa conclusiva di tale riconoscimento e massimo obiettivo di integrazione della persona nella società. La procedura di ottenimento della cittadinanza potrebbe, dunque, essere concepita come un “processo” di progressiva integrazione sul territorio: “un’integrazione che avviene attraverso il riconoscimento di diritti”, anche auspicabilmente di natura politica, al fine di superare la costante dissociazione – per quanto riguarda gli stranieri – tra obbligo tributario e rappresentanza politica (Biondi Dal Monte, 2013: 283). Sotto un profilo prevalentemente socio-politico, si pone poi una domanda che, nel dibattito pubblico degli Stati nazionali, soprattutto nei Paesi occidentali, è considerata centrale: ovvero quali limiti un ordinamento può prevedere nei confronti dell’ospitalità degli stranieri? Il problema è stato recentemente sottolineato anche da Papa Francesco, il quale nel Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace 2018 (“Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”) ha da un lato rivolto ai governanti dei diversi Paesi l’invito biblico a praticare l’ospitalità nei confronti degli stranieri («Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo»: Lettera agli Ebrei, 13,2), ma insieme ha sottolineato come “Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare,
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